Emilio Scanavino
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Genova (28 febbraio 1922)
Milano (28 novembre 1986)
Nel 1938 Emilio Scanavino si iscrisse al Liceo Artistico Nicolò Barabino di Genova, dove conobbe il professor Mario Calonghi, figura di grande stimolo culturale per la sua prima formazione. Nel 1942 fece la sua prima mostra personale presso il Salone Romano della sua città.
Nello stesso anno si iscrisse alla Facoltà di Architettura dell’Università di Milano. Nel 1947 Scanavino si recò per la prima volta a Parigi dove soggiornò per qualche tempo ed ebbe modo di incontrare poeti e artisti come Edouard Jaguer, Wols, Camille Bryen; l’esperienza parigina si rivelerà fondamentale nel suo percorso stilistico, in particolare per gli echi del postcubismo che assimilò e interpretò in chiave personale fin dal 1948, quando espose alla Galleria Isola di Genova.
Nel 1950 espose alla XXV Biennale di Venezia.
Nel 1951, in occasione di una mostra personale presso l’ Apollinaire Gallery, visse per qualche tempo a Londra, dove conobbe e frequentò Philip Martin, Eduardo Paolozzi, Graham Vivian Sutherland, Francis Bacon. Nello stesso anno aprì il suo primo studio a Milano in una mansarda di Foro Bonaparte.
Il critico Guido Ballo ed i galleristi Guido Le Noci e Arturo Schwarz si occuparono del suo lavoro.
L’anno dopo, 1952, lavorò anche nella fabbrica di Ceramiche Mazzotti ad Albissola Marina, dove incontrò numerosi artisti e strinse amicizia con alcuni di loro, tra questi Lucio Fontana, Asger Jorn, Guillame Corneille, Sebastian Matta, Wifredo Lam, Giuseppe Capogrossi, Enrico Baj, Sergio Dangelo, Roberto Crippa, Gianni Dova, Agenore Fabbri, Aligi Sassu ed altri.
Dopo un inizio figurativo la pittura di Emilio Scanavino assunse ben presto caratteristiche postcubiste, con le forme che si stilizzarono progressivamente sino a dissolversi del tutto nei primi anni ’50.
Nel ’54 nelle sue tele comincia ad affiorare quello che poi diventerà il suo segno caratteristico, vale a dire il nodo stilizzato che caratterizzerà tutta la sua produzione successiva.
I lavori degli anni ’50 sono considerati fra i suoi più belli, in quanto è possibile vedere in essi la genesi di quella trasposizione pittorica dell’interiorità con tutti i suoi tormenti, che rende inconfondibile la sua arte.
Nel 1954 espose alla XXVII Biennale di Venezia e, l’anno dopo, ricevette il Premio Graziano. Nel 1956 le sue opere furono esposte, unitamente alle opere dell’artista americana Sarah Jackson , nella mostra ”This is Tomorrow” presso la Whitechapel Art Gallery di Londra.
Nel 1958 vinse il Premio Lissone e partecipò con una sala alla Biennale di Venezia, vinse il Premio Prampolini. Nello stesso anno firmò un contratto con la Galleria Del Naviglio, diretta dal grande Carlo Cardazzo , con il quale intrattenne un importante rapporto di amicizia e di lavoro.
Molti critici si occuparono della sua opera: tra questi Enrico Crispolti , Guido Ballo, Giampiero Giani, Edouard Jaguer, Gillo Dorfles, Roberto Sanesi, Franco Russoli e Alain Jouffroy. Nel 1960 vinse il Premio Spoleto , il Premio Sassari, il Premio Valsesia e il Premio Lignano ed venne invitato, con sala personale, alla XXX Biennale di Venezia.
Nel 1963 ricevette il Premio La Spezia proprio mentre Carlo Cardazzo , che per sette anni aveva sostenuto Scanavino con l’impegno d’amico, moriva improvvisamente: questo lutto colpì profondamente il pittore. Renato Cardazzo proseguì il lavoro del fratello come mercante d’arte e contribuì ad allargare la fama di Scanavino in Italia e all’estero.
Nello stesso anno una sua opera venne esposta alla mostra Contemporary Italian Paintings, allestita in alcune città australiane. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d’aujourd’hui, organizzata in medio oriente de in nordafrica.
Nel 1966 alla XXXIII Biennale di Venezia, dove espose nuovamente in una sala personale, vinse il Premio Pininfarina.
Nel 1967 viene invitato con Carlo Nangeroni, Arturo Bonfanti, Carmelo Cappello e Renato Volpini alla “Art Alliance Foundation” di Filadelfia.
Nel 1970 ricevette il Gran Premio alla Biennale di Mentone. Il collezionista Franco Castelli, direttore de “L’uomo e l’Arte”, divenne suo amico e suo sostenitore.
Nei suoi quadri degli anni ’70 il “nodo” è perfettamente delineato e riconoscibile, declinato in inquietanti forme, talvolta minacciose e macchiate di rosso sangue.
Sebbene Scanavino sia un artista di difficile collocazione in una specifica corrente, lo si può considerare un astrattista informale, vicino all’ Espressionismo astratto e alla ricerca artistica di Hans Hartung e Georges Mathieu.
Nel 1971 subisce una delicata operazione alla testa in seguito ad emorragia cerebrale, la guarigione diede l’avvio a una nuova fase creativa della sua pittura, l’abbandono della sperimentazione e il ritorno su percorsi più consueti.
Nel 1971 insieme allo scultore Alik Cavaliere per Biennale di San Paolo del Brasile, crea la grande opera “Omaggio all’America Latina” olio su tavola e tecnica mista, bronzo, alluminio, 480 x 285 x 130cm. Non viene esposto perché cita i nomi di desparecidos, in polemica con il regime militare allora al governo in Brasile. Oggi è esposto al Museo della Permanente di Milano.
Tra il 1973 e il 1974 la Kunsthalle m di Darmstadt presentò una sua vasta
mostra antologica che, con alcune varianti, passò a Venezia a Palazzo Grassi e poi a Milano a Palazzo Reale, nel 1974.
Numerose le collettive organizzate dalla Galleria Editalia, oggi Edieuropa e ben tre le mostre personali: la prima, “Scanavino” nel 1976, presentata da Giulio Carlo Argan; la seconda, “Omaggio a Scanavino” nel 1987, presentata da Cesare Vivaldi e la terza nel 1991, “Scanavino, opere anni sessanta” presentata da Fabrizio D’Amico.
Nel 1982 , nonostante il progressivo aggravarsi della malattia, continuò a lavorare e ad avere un’intensa attività espositiva in spazi pubblici e privati e nel 1986 venne invitato ad esporre alla Quadriennale di Roma.
Morì a Milano il 28 novembre del 1986.