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Gastone Novelli - Galleria Edieuropa

Gastone Novelli

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Gastone Novelli

Nel 1943 viene condannato a morte per aver preso parte alla resistenza, rimane quindi in carcere al Regina Coeli fino al 1944. Inizia allora la sua carriera pittorica grazie all’aiuto di Max Bill che lo introdurrà al neocostruttivismo . Dal 1950 si stabilisce a San Paolo, in Brasile, per quattro anni. L’esperienza è esaltante: insegna, dipinge, si occupa di design, è attivo nella promozione per la sintesi delle arti. Nel 1954 ritorna a Roma dove conosce Achille Perilli e Corrado Cagli. Dopo esperienze neocubiste ed espressioniste, si distacca avviandosi indipendentemente verso il linguaggio astratto sensibile alla lezione di Kandinskij e Klee. Nel 1956-57 compie un viaggio a Parigi, dove conosce T. Tzara, M. Ray, e A. Masson, accentuando così il carattere sperimentale della sua ricerca, sia dal punto di vista dell’uso dei materiali, sia rispetto all’immagine. Nel 1957 i suoi interessi si orientano verso una pittura che utilizza segni minimi, per trascrivere liberamente pensieri e impulsi interiori. Nel gennaio del 1958 pubblica, per le edizioni dell’Esperienza Moderna, “Scritto sul muro”, un libro con ventisei tavole litografiche, dedicate alle ventisei lettere dell’alfabeto, precedute da un testo visualmente ricco e chiarificatore delle sue intenzioni. Usa segni, lettere, segmenti, crittografie, geroglifici e punteggiature, atomi linguistici, così come si trovano sulle pareti degli edifici degradati che portano le tracce del trascorrere del tempo e della storia, come grandi lavagne che accolgono nella realtà urbana gli sfoghi dell’umanità.

Nel 1962 con Vanni Scheiwiller pubblica un piccolo e prezioso volumetto intitolato “Antologia del possibile che contiene”, insieme agli scritti di Sanguineti, Pagliarani, Giuliani, Paz, con anche opere di Vedova, Consagra, Dorazio, Perilli, Twombly e Arnaldo Pomodoro. Nel 1964 partecipa alla Biennale di Venezia ottenendo il Premio Gollin e, nello stesso anno, disegna le tavole che illustreranno il testo “Pelle d’asino” di Giuliani e Pagliarani. Al 1966 risalgono le sue prime opere di matrice politica, in sintonia con il clima della contestazione. L’anno successivo è invitato a esporre, con una sala personale, alla Biennale di Venezia. Il giorno dell’inaugurazione decide, come molti altri artisti, di chiudere la sala e voltare tutte le opere verso il muro in segno di protesta contro la presenza della polizia nei Giardini della Biennale. Scrive sul retro di una tela: “La Biennale è fascista”. Poco dopo si trasferisce a Milano nello studio di Via Orti e inizia a insegnare a Brera. Ai primi di dicembre del 1968 è ricoverato per un’operazione e muore in seguito ad un collasso postoperatorio, pochi giorni prima di Natale. Un’ampia collezione delle sue opere è presente nella collezione Solomon R. Guggenheim National Gallery of Washington, al MOMA di New York, a Palazzo Reale di Milano e alla GNAM di Roma.